I motivi per cui elogiare Topolino sono molti, alcuni lapalissiani, altri meno scontati e più strettamente personali. Il primo di questi argomenti personali è che ho iniziato a comprare il settimanale della Disney con continuità nel 1987, poco prima di compiere 8 anni, quando era ancora pubblicato dalla Mondadori e costava 1.400 lire, e da allora non mi sono più fermato, un po’ perché ormai avevo la collezione avviata, un po’ perché spesso mi regalavano l’abbonamento a Natale, un po’ perché a un certo punto sono arrivati i figli. In totale in garage ho accatastati 26 anni e 1350 numeri filati di Topolino, senza contare quelli spaiati antecedenti al mitico numero 1651, il primo di questa lunga collezione.
È indubbiamente il periodico, a fumetti e non, che ho letto di più in vita mia, il giornale con cui sono cresciuto e da cui ho imparato tante cose, prima fra tutte l’amore per il fumetto e per la storia: le avventure raccontate da Massimo De Vita, Giorgio Cavazzano, Giorgio Pezzin, Massimo Marconi, Bruno Sarda, Romano Scarpa e molti altri mi introdussero a un mondo per me fantastico, dove la fantasia ma anche la bellezza la facevano da padrone; d’altro canto, gli episodi ambientati nel passato (quanto amavo la macchina del tempo di Zapotec e Marlin!) mi facevano nascere quella curiosità che poi per me sarebbe stata decisiva nelle scelte di studio e di vita.
Potrei citarvi tutte le storie che ho adorato, da allora ad oggi, ma faremmo notte. Sicuramente, in quel mio primo anni di letture amai la riduzione di Casablanca di Cavazzano, la storia su Nostradamus di Marconi e De Vita, che crearono anche una parodia del Tempo delle mele con Qui, Quo e Qua come protagonisti; ma poi anche zio Paperone che si trasforma in Fantozzi (Marconi & Cavazzano), la bella storia di Sport Goofy che mi spinse ad iscrivermi a minibasket (ancora Marconi & Cavazzano) e la lunghissima saga delle Paperolimpiadi su Seul ’88 realizzata da Romano Scarpa. I ricordi personali, le sensazioni che provai leggendo una storia piuttosto di un’altra sono ciò che rende queste avventure veramente magiche, al di là degli intenti che avevano gli autori quando le realizzarono.
Ma, fosse solo questo, Topolino sarebbe solo una rivista per nostalgici. E invece no, non è per nulla questo, e me ne sono reso pienamente conto in questi ultimi mesi. Mio figlio, per un motivo o per l’altro, ha iniziato a incuriosirsi per quel marasma di fumetti che riempie casa nostra, e non andando ancora alle elementari mi ha chiesto di leggergliene qualcuno. Siamo partiti da alcune ristampe dei Vendicatori e soprattutto dagli X-Men di Claremont nei due giganteschi Marvel Omnibus (sì, lo so che Wolverine non è un grande modello per tirar su un bambino, ma francamente chi se ne frega), e poi siamo approdati a Topolino. E, a leggerlo con gli occhi di un padre, Topolino è una meraviglia. Sia perché ci scrivono e ci disegnano ancora dei grandissimi artisti (Tito Faraci, Casty, Silvia Ziche, Corrado Mastantuono, Francesco Artibani, ancora Cavazzano e De Vita e tantissimi altri), sia perché è una fonte di stimoli pazzesca. Dalla commedia allo spionaggio, dal “romanzo storico” al supereroistico, dal giallo alla fantascienza, di settimana in settimana si alternano sulle pagine del settimanale disneyano tutti i generi della nostra fiction, trattati con competenza e stile.
Non solo: sono convinto che se i nostri ragazzi delle superiori leggessero Topolino con costanza possederebbero un lessico immensamente più ampio. Cito solo alcune delle parole usate nei dialoghi del numero 2999, limitandomi alla prima storia, ma l’andamento è il medesimo ogni settimana: ferve, formalità, giunta, nonché, sfoggio, appioppiarci, scartoffie, eminente, ceffo, egregio, squagliarcela, ultrasuoni, cerebrale, tablet, sortita, in extremis, badge, caprina, bookmaker, babbeo, detonante, sgherri, ordigno, catino, urge, sanzioni. Sono parole che i nostri ragazzi conoscono poco e usano ancora meno. Per non parlare, sempre nel numero 2999, del servizio sul bosone di Higgs e di mille altre curiosità intellettualmente stimolanti.
Ecco, Topolino è tutto questo. È divertimento, prima di tutto, e passione; ma anche intelligenza, educazione nel senso più alto del termine, e belle e grandi storie. È un bene che da 3000 numeri ci tenga compagnia. E speriamo che lo faccia per tanti e tanti decenni ancora.