Il professore perfetto

Nei giorni scorsi, per un motivo o per l’altro, mi è capitato di discutere molto di professori e di che cosa fa di un normale insegnante un bravo insegnante. Le opinioni al riguardo sono molte e a volte, lasciatemelo dire, anche superficiali.

Vi basti, come esempio, la mia esperienza su Twitter. Da quando scrivo su quel social network, raccontando le mie avventure dietro alla cattedra, arrivano periodicamente elogi e critiche: le frasi più comuni sono «Vorrei tanto averti avuto come prof» e «Non vorrei mai averti avuto come prof» (quest’ultima per fortuna molto più rara, ma c’è anche chi – fregandosene del bon ton – non esita a spararti in faccia che sei un pessimo insegnante, ovviamente senza mai aver assistito a una tua lezione: Twitter, da questo punto di vista, non ti risparmia proprio nulla). Il fatto è che queste frasi arrivano dopo una manciata di tweet e, per quanto le prime mi possano lusingare, sono giudizi che non hanno senso: non si capisce da un tweet se uno è un bravo insegnante o meno, non si capisce da un’occhiata rapida se ha la capacità di trasmettere qualcosa ai propri alunni e in che modalità.

Che io sia o meno un bravo insegnante lo sanno, insomma, solo i miei alunni, forse i loro genitori e al limite gli insegnanti di sostegno che assistono alle mie lezioni: sono gli unici che hanno titolo, eventualmente, a dire qualcosa. Io stesso non riesco ad essere così netto come voi: credo di far meglio alcune cose e meno bene altre, e non a caso cerco spesso di interrogarmi sulla questione e di cercare nuove modalità o strategie.

Ma il problema è un altro: ci concentriamo troppo sul prof perfetto. Ebbene: chi se ne frega, del prof perfetto. Non è questo quello di cui ha bisogno, oggi, la nostra scuola. La nostra scuola ha bisogno di professori normali: di professori che entrano in classe, spiegano il loro argomento in maniera chiara, si prendono a cuore i loro ragazzi nei limiti delle loro capacità, danno dei voti sensati, si preoccupano di farsi comprendere, danno un buon esempio di dedizione al lavoro. Punto. Non è necessario, oggi, niente più di questo: basta essere professori normali. E basta questo perché alla scuola mancano professori di questo tipo: quella che dovrebbe essere la normalità è, ahimè, a volte l’eccezione.

Basta guardare anche i risultati del sondaggio che vi linkavo sopra: circa metà degli alunni o ex alunni di liceo giudica molto negativamente il loro insegnante di filosofia; e fate conto che gli insegnanti di filosofia dovrebbero, più degli altri, avere un buon rapporto coi loro studenti, basato sul confronto reciproco. Chissà quanto più gravi sarebbero stati i risultati se vi avessi interrogato sul prof di matematica o di latino.

E se ci penso, tutti gli insegnanti che io ricordo con grande affetto non erano affatto perfetti: avevano difetti anche macroscopici (come probabilmente li ho anche io), ma facevano il loro mestiere, si impegnavano e ci provavano. E questo bastava a renderli speciali.

Ecco: non serve il prof perfetto; basta il prof normale. E probabilmente è un discorso che non vale solo per la scuola.

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