Søren Kierkegaard è uno dei filosofi più famosi e amati del Diciannovesimo secolo: nonostante l’esito della sua filosofia – il rifugiarsi nel Cristianesimo – non scuota più di tanto le coscienze dei giovani d’oggi, la sua analisi della vita estetica e della vita etica, invece, suscita ancora oggi molto interesse, anche perché le sue riflessioni sembrano non aver finito di dire quello che avevano da dire.
Biograficamente, però, Kierkegaard è di solito dipinto come un uomo cupo e triste, ossessionato dal peso della colpa (in certi casi neppure sua, ma di suo padre) e incapace addirittura di sposare la sua fidanzata, la celebre Regine Olsen. Ma se le cose fossero andate in maniera diversa da come ci vengono raccontate dai biografi ufficiali? E se Kierkegaard fosse in realtà un uomo di mondo, simile a quel Don Giovanni che lui stesso descrive così abilmente in alcune delle pagine più celebri del suo Aut-Aut? Ho provato a rispondere a questo interrogativo col solito racconto che ho preparato per la rubrica che tengo sul blog di Fazi, Quello che i filosofi non dicono.
Quello che i filosofi non dicono
(siamo così, dolcemente complicati)
La fidanzatina di Kierkegaard
Macché Regine Olsen e Regine Olsen: l’unico vero amore della vita di Søren Kierkegaard sono stata io. Io, Frida Thomsen, e prima che la vecchiaia mi porti via, in quest’anno del signore 1878, voglio che questa mia testimonianza rimanga ai posteri. Per questo sto scrivendo queste mie ultime memorie, per far sì che le prossime generazioni sappiano del grande imbroglio a cui gli studiosi le stanno sottoponendo.
Io e Søren ci incontrammo per la prima volta nell’ottobre del 1820, alle scuole elementari. Lui era un ragazzino aitante, alto, con un voluminoso ciuffo in testa; io, una bambina adorabile. Fu amore a prima vista. Ricordo ancora come conversavamo, durante l’intervallo.
«Frida – mi diceva – sposami! Baciami! Fuggiamo insieme».
[continua su Le Meraviglie]