La filosofia e Charlie Hebdo

Ho visto più volte, in questi giorni, citare Voltaire sui social network in relazione all’attacco terroristico che ha colpito la redazione di Charlie Hebdo. Citazione obbligata, forse addirittura scontata. «Non sono d’accordo con quello che dici ma sarei disposto a dare la vita affinché tu possa dirlo». Una frase che, come forse saprete, non è mai stata scritta davvero da Voltaire, ma che comunque è fedele al suo punto di vista.

Il fatto è che, a ben guardare, Voltaire non è forse il filosofo più adatto per questo momento storico: lui proponeva un principio di tolleranza, cioè sostanzialmente di sopportazione delle diversità religiose. Stando alle sole idee di Voltaire, troverebbero spazio certe cose che ho letto in questi giorni, di cristiani che dicono che chi prende in giro Gesù e i santi è solo fortunato che i cattolici siano più pazienti dei musulmani.

Ma non è un problema di pazienza, né di tolleranza. Ce lo spiega bene quel grandissimo (e sottovalutato) filosofo che è John Stuart Mill. In On Liberty – tradotto come La libertà Saggio sulla libertà, a seconda delle edizioni – il pensatore inglese afferma che la forza di una società sta nella sua capacità di accogliere la diversità. Perché il rischio maggiore, oggi (lui scriveva nell’Ottocento, ma il suo discorso è modernissimo), è l’omologazione.

La nostra società tende infatti spontaneamente a uniformarsi, a conformarsi. C’è, nel modo di essere, di pensare e di agire, il rischio di una dittatura della maggioranza, e questo è pericoloso per la società perché da sempre il progresso arriva da qualcuno che la pensa in maniera diversa. Pensate a Galileo, a Darwin, ad Einstein, a Locke, allo stesso Voltaire, a Rousseau: la società avanza solo quando qualcuno ha il coraggio di scontrarsi con l’opinione dominante.

Quindi una società sana deve far di tutto per favorire lo scontro di opinioni. Non deve solo sopportare o tollerare le opinioni più radicali, ma deve anche amarle, favorirle, difenderle. Perfino quelle palesemente odiose vanno tutelate ed espresse, secondo Mill, perché la verità esce rafforzata dal confronto con l’errore. Senza contare che non si può mai essere certi di aver ragione.

Per questo è stato bello scrivere Je suis Charlie: perché anche se non lo si comprava, anche se non si rideva alle sue vignette, si doveva e si deve amare il suo diritto ad esistere, ad essere diverso dall’opinione comune, ad andare contro il politically correct (che altro non è che omologazione).

Da "On Liberty" di John Stuart Mill

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