Nell’Esame di Stato che vorrei…

Ricordate la pubblicità del Mulino Bianco di qualche anno fa? Quella che cominciava con la frase – parodiata poi da molti – «nel Mulino che vorrei…»? Ebbene, e se al posto del Mulino mettessimo l’Esame di Stato, quello che a livello di mass media continua a essere noto come Esame di Maturità? Cosa vorrei io e cosa vorreste voi da questo rito di passaggio, che ogni anno pare prossimo ad essere riformato, rivisto o addirittura abolito ma che per il momento ancora resiste?

Io due o tre idee le ho.

 

1) Nell’Esame che vorrei non conta cosa si è studiato, ma come si è studiato

L’ho già detto in altre occasioni: la sfida per il futuro non è più conoscere le cose a memoria, semplicemente perché non ce n’è più bisogno. La memoria, soprattutto quella più nozionistica, non è più strettamente necessaria nella scuola e nel lavoro: siamo circondati da oggetti che ci riforniscono di dati in maniera molto più efficiente e rapida di quanto farebbe la nostra testa. Internet, i dischi rigidi, i supporti informatici possono ormai benissimo sopperire ai nostri ricordi confusi. Il che non vuol dire che bisogna bellamente dimenticare tutto; solo, che la memoria non ha più lo stesso peso che aveva un tempo.

E allora, perché continuare a fare Esami di Stato in cui si richiede prima di tutto uno sforzo mnemonico? Perché, nonostante siano stati fatti dei passi avanti da gigante (la prima prova, spesso anche la seconda prova e il percorso all’orale sono infatti solo in parte basati su cosa si è studiato), oggi molti docenti continuano a valutare esclusivamente la memoria dei loro alunni e non invece la capacità di ragionare e di confrontare? Perché richiedono che imparino a menadito una serie di cose e che le ripetano tali e quali, continuamente?

Ecco, io vorrei un Esame a cui ci si possa presentare anche senza aver aperto un libro. Un Esame, cioè, in cui venga valutata la capacità dell’alunno di sapersi muovere all’interno delle varie discipline e non quanto sia bravo ad imparare a memoria. Non sarebbe difficile. Facciamo un esempio concreto. Mettiamo che in terza prova vi troviate Storia dell’Arte: benissimo, nell’Esame che vorrei il candidato non troverebbe una domanda su una corrente studiata durante l’anno, o su un quadro visto e rivisto, ma un quesito su un’opera sconosciuta, di cui ovviamente verrebbe fornita la sola immagine; il suo compito, in quel caso, sarebbe cercare di analizzare l’opera sulla base delle conoscenze acquisite, di dedurne i caratteri, le influenze, i rimandi storici e iconografici e così via. La stessa cosa si potrebbe fare con un testo mai visto prima di un filosofo, o una poesia di un autore non in programma. Non è a questo che dovrebbero portarci le materie? Imparare ad essere autonomi, a commentare, ad analizzare cose nuove sulla base delle conoscenze acquisite durante i cinque anni di scuola?

 

2) Nell’Esame che vorrei l’approfondimento dell’alunno è veramente originale

Come sapete (e se non lo sapete, guardate qui), circa metà della prova orale è dedicata alla presentazione, da parte del candidato, di un suo percorso di approfondimento, una tesina o, più spesso, una presentazione PowerPoint in cui il ragazzo collega i programmi di varie materie sulla base di un elemento di raccordo. Ebbene, non se ne può proprio più di sentire sempre le stesse tesine, sempre gli stessi collegamenti, sempre gli stessi percorsi. Dal bambino ai sogni, dalla guerra all’estetismo, dall’Olocausto al ’68, gli argomenti sono sempre più o meno quelli. E non sapete quanto possa essere alienante sentire venti o trenta volte di seguito la stessa solfa sul fanciullino di Pascoli.

La colpa principale di questa scarsa originalità, probabilmente, è dello stesso web, che fornisce fior di esempi, tesine cioè già pronte per l’uso che basta scaricare e incollare. Quella che era una bella idea – lasciare che gli alunni colleghino quanto studiano con le loro passioni ed interessi personali – si è ridotta spesso (anche se non sempre) alla mera riproposizione di una minestra riscaldata.

Quale può essere la soluzione per ritornare allo spirito originario della questione? Io ne ho in mente due. La prima è far preparare la tesina durante l’Esame, davanti ai commissari: gli stessi commissari preparerebbero dieci o quindici temi il più possibile originali, e poi ogni alunno sceglierebbe quello che sente più vicino ai propri interessi. Dopodiché – in classe e con la possibilità di usare riviste, enciclopedie e, perché no, anche il web – avrebbe un certo numero di ore (18 divise in tre mattine?) per approntare il percorso, che poi andrebbe presentato oralmente alla commissione. Per conto mio, una prova di questo tipo potrebbe tranquillamente sostituire la Terza Prova (che il più delle volte è puramente mnemonica) e una parte dell’orale, quella destinata all’interrogazione vera e propria: l’ultima prova d’Esame, così, si ridurrebbe a una decina di minuti a testa, e si potrebbero fare anche dieci alunni a mattina.

La seconda soluzione è quella di chiedere tesine veramente originali e controllare che quelle che presentano non siano già presenti sul web. Google, in questo, ci permetterebbe di scovare tutte le copiature, se solo volessimo farlo. Certo, gli alunni andrebbero ovviamente avvertiti per tempo e si dovrebbe in ogni caso premiare l’originalità e la personalità della presentazione, cose che a scuola non sempre sono viste di buon occhio.

 

3) Nell’Esame che vorrei ci si possa preparare con serietà ma anche con tranquillità

Diciamo la verità: l’Esame di Stato, ora come ora, è una delle prove più difficili che si possano affrontare in Italia. Agli scritti si portano sei materie (con tutto il relativo programma) e all’orale anche di più, in genere sette o otto; inoltre, la maggioranza degli esaminatori è esterna, cosa che di tanto in tanto ti porta ad avere dei commissari o dei presidenti con evidenti problemi di sadismo. Fino a una quindicina d’anni fa non era affatto così: io e varie generazioni che mi hanno preceduto abbiamo fatto un esame infinitamente più semplice, con due materie allo scritto e altre due all’orale; cioè circa la metà del carico di lavoro a cui sono sottoposti i ragazzi di oggi.

Certo, il vecchio esame probabilmente era troppo facile, ma quello nuovo è molto più difficile di quel pro forma che serve per prendere la laurea. Ad esempio, già solo le due proposte che ho elencato sopra lo renderebbero più abbordabile, pur mantenendone la serietà; in quel caso, per dire, si potrebbe perfino optare per una commissione tutta esterna, magari con un solo membro interno.

Oppure bisognerebbe pensare a una qualche altra forma di alleggerimento. Anche una Terza Prova sostituita dal test INVALSI, come si è più volte paventato, potrebbe andare in questa direzione. In ogni caso, qualcosa bisognerà pur fare, perché stiamo formando studenti nevrotici che non è che sappiano di più o meglio, ma semplicemente vivono con maggior ansia le prove. E se l’obiettivo è solo mettere ansia, mi pare un obiettivo alquanto stupido.

 

E voi, che idee avete al riguardo? Come cambiereste l’Esame di Stato?

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