Fenomenologia di Twitter (con anche una parziale e personale guida d’uso per principianti)

[dropcap] C [/dropcap]os’è Twitter? Come si usa? A cosa serve?
Sono domande che ogni tanto qualche curioso mi rivolge, un po’ perché sono su Twitter da ormai quattro anni, un po’ per il libro che dai miei tweet ho tratto. Così, per non dover ripetere sempre mille volte la stessa solfa, spinto anche da alcuni articoli simili usciti in queste settimane mi sono finalmente deciso a stendere una miniguida che possa essere letta anche come una sorta di Fenomenologia del social network da 140 caratteri (o quantomeno della sua versione italiana, che credo di conoscere abbastanza bene, coi suoi pregi e i suoi difetti).

Prima d’iniziare, però, una breve ma IMPORTANTISSIMA nota: tutto quello che leggerete è frutto della mia personalissima visione. Ognuno è libero di vedere Twitter come vuole e di usarlo di conseguenza, la mia non è una critica né un atto d’accusa a chi vede le cose in maniera diversa dalla mia; spiego il mio punto di vista solo con l’intenzione da un lato di spiegare il mio modo d’agire, dall’altro di dare uno spunto di riflessione a chi s’è iscritto da poco e fa fatica a raccapezzarsi all’interno del social network.

Detto questo, partiamo.

Per come la vedo io, Twitter è una specie di grande festa senza fine. È come se nella periferia della vostra città ci fosse un capannone sempre aperto, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, in cui si può entrare, mangiare qualcosa, scambiare opinioni. Una sorta di piazza vecchio stile, ma al chiuso, con le tavolate, gli stuzzichini, i gruppetti e gli assembramenti di persone sparse qua e là.
Una festa con le sue ore di punta (alle 7 del mattino ci troverete poche persone, ovviamente), dove la gente si reca quando non ha niente di meglio da fare, per fare una pausa dal lavoro, per commentare una notizia, per discutere.

Ma andiamo con ordine. Immaginiamo di entrare per la prima volta in questo capannone virtuale. Troveremo tante persone. Semplificando, vediamo alcuni “tipi” comuni.
– il VIP: famoso prima e indipendentemente da Twitter, il VIP ha scoperto la festa da poco e subito ne ha parlato in giro, nelle sue trasmissioni tv o nei suoi programmi radiofonici, portandosi dietro schiere di fan. Per questo motivo, i VIP sono sempre circondati da migliaia di ammiratori ed è quindi pressoché impossibile rivolgere loro la parola: li si può ascoltare ma interagire è, per forza di cose, problematico.
– una sottospecie del VIP è il VIP SGRAMMATICATO: mentre i VIP semplici sanno almeno scrivere in un italiano più o meno corretto o esprimere un pensiero, banale o originale che sia, i VIP sgrammaticati hanno problemi seri a farsi comprendere dai loro follower. Disdegnando le virgole, la consecutio temporum e la concordanza tra soggetto e verbo, mettono a dura prova la resistenza dei fan. A questa categoria inaspettatamente appartengono, oltre alle prevedibili veline di turno, anche alcuni insospettabili scrittori e intellettuali.
– la TWITSTAR: prima dell’arrivo dei VIP erano i dominatori della festa, recentemente hanno visto il loro ruolo e il loro peso all’interno del capannone decadere pesantemente, nonostante mantengano un culto di nicchia. Le Twitstar, e non è una teorizzazione mia ma la riprendo volentieri, sono generalmente persone non note nel mondo esterno al capannone che però si atteggiano (a ragione o a torto, fa poca differenza) come se fossero il centro della festa, i più svegli, i più divertenti, i più cinici e “in”. Le persone, insomma, giuste da seguire. Sintetizzando, si può dire che i VIP si iscrivono a Twitter per sembrare persone normali, mentre le Twistar sono persone normali che si iscrivono a Twitter per sembrare dei VIP.
– il QUI UNA VOLTA ERA TUTTA CAMPAGNA: a qualsiasi ora arriviate a una festa, ci sarà sempre qualcuno che ci è arrivato prima di voi. A volte succede addirittura quando la festa è vostra, i tavoli li apparecchiate voi, il capannone l’avete affittato voi: esiste in ogni caso un tizio che si è appostato davanti alla porta un minuto prima di voi, che sa come andavano le cose prima che voi – e ovviamente i barbari che vi siete portati dietro – rovinaste tutto. Nostalgici dei tempi andati, questi soggetti promettono sempre di lasciare la festa in favore di un party più trasgressivo, innovativo e elitario che stanno per fare da qualche altra parte ma che, guarda caso, non inizia mai.
– l’AUTOPROMOTER: di tanto in tanto nel capannone arrivano personaggi che non entrano per gustarsi la festa, come sarebbe lecito aspettarsi, ma per trarne vantaggio. Hanno sentito dire che in questo preciso capannone si riunisce un sacco di gente e quindi trovano comodo arrivare là e cercare di vendere il loro prodotto. Ce sono di più o meno raffinati: alcuni sono vestiti da manager con tanto di valigetta, distribuiscono immediatamente biglietti da visita e attaccano pezze infinite sulla qualità di ciò che vendono; altri, più sgamati, assomigliano ai rappresentanti delle case editrici che, in periodo d’adozioni, tampinano i professori come me: ti parlano per ore di tutt’altro, assecondano le tue lamentele, fanno gli amiconi e quando meno te lo aspetti ti piazzano sul groppone il loro libro da esaminare.
– il POLITICO: è candidato da qualche parte (al Consiglio Comunale, alla Provincia, alla Regione, a volte perfino al Parlamento con un sogno nel cassetto di arrivare al Quirinale) e gli hanno detto che per conquistare voti bisogna essere vicini alla gente: per questo motivo il politico entra alla festa vestito di tutto punto e commentando i fatti del giorno. Paradossalmente, più che parlare con gli elettori, il politico finisce per parlare con un altro politico, con cui vuole formare un’alleanza o al quale invidia un’alleanza. Da buon politico, il suo piattino di plastica è sempre pieno.
– lo SPACCIATORE/SPAMMER: il tizio, vestito male, sporco e puzzolente, che ti si avvicina circospetto, guardandosi attorno, e ti sussurra se vuoi un po’ di roba, o un incontro piccante. Quando viene scoperto viene cacciato fuori dalla sicurezza (sì, c’è pure la sicurezza, anche se spesso pare invisibile).
– l’ESIBIZIONISTA: se è maschio arriva alla festa indossando canottiere attillate che mettano in risalto i muscoli da palestra e parlando quasi sempre delle sue prestazioni sessuali, se è donna mostra abbondantemente parti del corpo e si mostra disinibita in ogni situazione, sia mangiando una patatina che introducendosi in un discorso sulla riforma dell’articolo 18.
– il MARPIONE: è entrato nel capannone col preciso scopo di trovare una donna (o un uomo, a seconda del genere e/o dei casi) da portarsi a letto, e tutto è finalizzato a quello. Alla discussione in pubblico preferisce di gran lunga l’approccio sottovoce, lontano da occhi e orecchi indiscreti, e quindi sostanzialmente via DM.
– il TELESPETTATORE: visto che lungo le pareti del capannone sono sparsi vari apparecchi televisivi che alla sera vengono sintonizzati sui principali canali, è abitudine di alcuni avventori commentare in maniera più o meno acida ciò che accade in questo o quel programma (partite di calcio comprese). Questo atteggiamento comunque emerge anche davanti a conferenze informatiche e politiche, seminari e quant’altro.
– l’ANEDOTTISTA: come ad ogni festa che si rispetti, c’è chi racconta i fatti curiosi accaduti in famiglia, sul lavoro, in metropolitana. Se familiarizzate con tipi come questi troverete presto nei loro racconti anche dei personaggi ricorrenti (la collega incinta, il vicino d’autobus, la sempre famigerata suocera o quasisuocera) a cui è facile affezionarsi ben oltre gli intenti di chi racconta la storia.
– il BARZELLETTARO: è arrivato da poco ma vuole conquistare in fretta attenzioni e il metodo più facile per farlo è raccontare barzellette, declamare aforismi, citare pensatori senza, ovviamente, riportare la fonte. Insomma, spacciare per proprie frasi altrui, lette chissà dove (spesso su Facebook) e poi più o meno liberamente rielaborate. A volte la cosa è molto evidente quindi il barzellettaro non mira minimamente a nascondere i propri furti intellettuali, che considera anzi un’azione perfettamente legittima; altre volte invece il barzellettaro si costruisce una posizione all’interno della festa proprio grazie a queste frasi scovate chissà dove.
– il FUSTIGATORE DI COSTUMI: si accosta a un muro con in mano il suo piattino di plastica e il tovagliolino e inizia a commentare i vestiti, le abitudini o i pensieri di chiunque passi davanti a lui, senza soluzione di continuità. Se è dotato di sarcasmo e ironia (ma non lo è mai di autoironia) attira accanto a sé un discreto numero di adepti, con cui fa a gara a trovare il difetto più grave nell’uno o nell’altro degli avventori. È più o meno il corrispettivo di una cheerleader rimasta senza cavaliere al ballo studentesco di una high school americana.
– il GIORNALISTA, VERO O ASPIRANTE TALE: parla solo di politica, di cronaca, di fatti, non concedendo spazio ad altro. Ormai ha sostituito la carta stampata per la velocità con cui dirama le notizie, che poi passano di bocca in bocca. Un sottogruppo è costituito dal GIORNALISTA OPINIONISTA, che condisce ogni nuova informazione con un commento, per necessità di cose caustico e tagliente.
– il BIMBOMINKIA: un tempo la festa era terreno riservato ai 20-30enni, laureati o comunque istruiti, esperti di musica, lettori, al limite un po’ nerd. I ragazzini e i vecchi stavano altrove, a ubriacarsi in feste sulla spiaggia, a guardare la De Filippi in tv o i lavori in corso nei vari cantieri disseminati per la città. Ora le cose sono cambiate, il capannone è stato scoperto e quindi i ragazzini, come solo i ragazzini sanno fare, l’hanno invaso e colonizzato, mettendo spesso all’angolo gli adulti che li guardano bofonchiando e rimpiangendo il tempo perduto, come dei Proust di serie B. Tra i giovani spiccano, non per importanza ma per visibilità, i cosiddetti “bimbiminkia”, specializzati nell’idolatrare un dato cantante o una certa star televisiva. Nonostante la rabbia degli adulti, in genere sono innocui e guariscono crescendo.
– il FACCIAMO IL TRENINO?: ogni festa che si rispetti ha il suo animatore, bravo o pessimo che sia, benvoluto o malvisto dai festeggianti. Questo tizio, in particolare, s’inventa costantemente giochi da fare tutti assieme per rendere più interessante la giornata, non da ultimo il famigerato trenino a cui tutti si devono accodare, pena un isolamento degno del miglior Nanni Moretti in “Ecce bombo”. Il trenino, in linguaggio twitteresco, si chiama hashtag.
– il MANGIATORE A SBAFO: infine, e qui chiudo, ogni festa che si rispetti ha anche i suoi imbucati, quelle persone che nessuno conosce, che mangiano e non parlano, che si avvicinano ai gruppetti già formati ma non portano nessuna novità. Nel capannone di Twitter questi personaggi (solitamente chiamati “lurker”) si concentrano di solito attorno ai VIP, ma non è raro trovarli a vagare anche altrove.

La panoramica, più o meno, è questa. Ci sarebbe molto altro da dire, ma non la finiremmo più.
Se vi ritrovate in tutto quello che ho scritto, o se quantomeno entrate nell’ordine di idee di pensare a Twitter come a una festa in cui socializzare, il comportamento che, se me lo chiedete, vi suggerirei di seguire è molto semplice, ed è simile a quello che terreste in una festa vera. Ecco, quindi, le mie regole, ovvero come io scelgo di comportarmi (come al solito, regole mie e solo mie ma che se qualcuno vuole può benissimo far proprie):

  1. Se qualcuno mi rivolge la parola, lo ascolto e gli rispondo, quantomeno per educazione. Tradotto: se qualcuno mi invia una mention, rispondo sempre appena posso (a meno che non me le perda per strada, il che non è impossibile, a volte).
  2. Se qualcuno si mette ad ascoltare quello che io racconto, io poi ascolto lui. Tradotto: ricambio il follow, indistintamente. È chiaro che non sono d’accordo con tutto quello che scrivono i miei following, che a volte certi discorsi mi sembrano stupidi e/o non interessanti, ma per me non ricambiare il follow è una cosa senza senso: è come se prima io parlassi 5 minuti e poi, appena comincia a parlare la persona che ho di fronte, me ne andassi via lasciandola là con un palmo di naso. Mi sembra un gesto non solo maleducato, ma pure un po’ meschino, sempre dal punto di vista che vi ho illustrato sopra (e che per fortuna, grazie a Dio, non è l’unico). Inoltre, il bello di Twitter è per me proprio leggere cose diverse da quelle che penso o dico, altrimenti tanto vale farsi la propria festa privata, a casa. Se invece non mi interessasse l’interazione umana ma solo leggere cose interessanti, ci sarebbero pur sempre i libri.
  3. Il vero problema, ora che la festa è frequentatissima e ho molte persone da ascoltare, è che è fisicamente impossibile ascoltarle tutte. Quindi ascolto chi capita, quando capita, anche se è ovvio che le persone che conosco meglio le seguirò anche inconsciamente con più attenzione. Tradotto: ho rinunciato da tempo a leggere tutto quello che viene postato, avendo quasi 5.000 following; semplicemente, leggo quello che mi capita sott’occhio quando mi collego. È vero che questo di tanto in tanto mi porta a perdere informazioni importanti o divertenti, ma anche scegliendo di seguire poche centinaia di persone rischierei di perdere i tweet interessanti e belli di tutti gli altri. Non posso sapere tutto di tutti nemmeno nella vita vera, figuriamoci sul web.
  4. Se qualcuno smette programmaticamente di ascoltarmi, io faccio lo stesso con lui: non mi piace essere in posizione di inferiorità, fare il “fan” e pendere dalle labbra di qualcuno, soprattutto se questo qualcuno neanche mi caga. Quindi, se vengo defollowato, defollowo a mia volta. Ho letto tante volte frasi tipo “Se dopo averlo defollowato lui ti defollowa, allora significa che non ti meritava”: io capovolgerei il discorso, cioè se uno ti defollowa è lui a non meritarti (e soprattutto a non fregarsene di te).
  5. Gli unici che non ascolto e evito come la peste sono quelli che sopra ho chiamato gli “autopromoter”. Tradotto: non ricambio i follow di marche, associazioni, riviste; se voglio questo genere di informazioni vado a visitare il loro sito. Unica eccezione: quando dietro questi marchi c’è una persona vera, che non twitta solo del lavoro ma anche di altre cose, e con cui interagisco, allora la seguo.
  6. Pratico il retweet con parsimonia, ma lo uso per propagare ai miei contatti delle frasi che vorrei aver detto io. L’aggiunta ai preferiti la uso invece per cercare di ricordare frasi o discussioni che mi hanno particolarmente colpito.
  7. Quando qualcuno mi fa un complimento in pubblico (o anche in privato) ringrazio sempre. Io, anche se ci sono molte persone che stimo e a cui sono affezionato, non li faccio semplicemente perché non è una cosa che, visto il mio carattere, mi venga spontanea. Tradotto: ringrazio per i FF, ma io non li faccio (in fondo, un retweet funge anche da FF, dal mio punto di vista).

Quindi, davanti a chi mi chiede come si fa ad entrare su Twitter e aumentare i propri follower, alla fin fine il mio consiglio è questo: scrivete, interloquite, scambiatevi opinioni, iniziate a seguire qualcuno di nuovo e che non conoscete, siate rispettosi ma anche personali, particolari. Non cercate di conformarvi ma tirate fuori quello che c’è di più specifico nel vostro modo di essere. Raccontate la vostra vita e le vostre opinioni come fareste con un amico e ascoltate quelle degli altri, anche se sono all’inizio perfetti sconosciuti: troverete sicuramente qualche stronzo infame (ma chi non ne trova anche nella vita vera?), ma anche persone molto interessanti.

ps.: prima di lasciarvi, un breve glossario per neofiti delle parole usate in questo post.
TWEET: un post, un messaggio di stato scritto su Twitter. Di regola, questi tweet hanno la lunghezza massima di 140 caratteri.
FOLLOWER: chi ci “segue” su Twitter, cioè chi si “abbona” a ricevere i nostri tweet.
FOLLOWING: chi noi seguiamo su Twitter.
DEFOLLOWARE: smettere di seguire una persona su Twitter.
RETWEET: inoltrare un tweet scritto da altri ai propri follower.
HASHTAG: sono delle etichette che si possono assegnare a un tweet e ne rendono più facile la ricerca e la concatenazione ad altri tweet che trattano lo stesso argomento.
DM: abbreviazione per Direct Message, cioè i messaggi privati che due utenti di Twitter possono scambiare tra loro senza che possano essere letti dagli altri.
FF: abbreviazione per Follow Friday, una consuetudine che consiste nel segnalare ai propri follower, ogni venerdì, i “twitteri” che vale la pena seguire.

Torna in alto