Un papà splendido

Come forse già saprete, un paio di giorni fa, il 25 maggio, mi è nato il quartopupo, chiamato Christian. È stato un parto piuttosto complesso, sicuramente il più tribolato dell’ormai lunga carriera del sottoscritto e soprattutto di mia moglie; sarà anche che il terzo figlio era nato nel giro di un’ora e mezza, ma a questo stadio non ci aspettavamo un travaglio di 9 ore.

Siamo entrati in ospedale alle 23 di domenica sera e, infatti, il quartopupo è nato alle 8:10 del mattino successivo, dopo una notte in bianco, qualche lieve incomprensione con le ostetriche – tutte gentili e quel che volete, ma un medico che si prenda la responsabilità di fare qualcosa di notte non lo trovi neanche a pagarlo oro – e qualche attimo di apprensione nel finale. Alla fine, tutto è andato per fortuna bene, però è stata una nottata da ricordare. Le misure – e le scrivo qui perché me le dimenticherò presto e così avrò un posto in cui andare a controllarle – dicono: 3,720 chili, 49 centimetri, gruppo sanguigno 0+.

Visto che si tratta del terzo maschio a fronte di una sola femmina, tutti mi dicono che ora la povera Claudia sarà in minoranza. A parte che Claudia si difende benissimo e vale per tre, in casa mia il problema non è tanto legato all’equilibrio maschio-femmina, ma a quello tra aggressivi e pacifici. Io sono calmo, tranquillo, sonnolento, pacato; mia moglie vive invece all’estremo opposto, sempre in fibrillazione, dinamica, propositiva, rapidissima ad infiammarsi. Ecco, Christian – grazie al cielo – sembra assomigliare a me e a Roberto: beve il latte con ritmi da maratona più che da sprint, si addormenta mille volte durante la poppata, ti guarda come a dire «Ah, sei qui, non ti avevo notato» nonostante ti stia fissando da 10 minuti; e grazie a lui noi calmi e tranquilli saliremo a quota 3, per pareggiare il conto dei 3 esagitati (mia moglie, Claudia e Filippo). Quindi, perfetto equilibrio.

Ad ogni modo, io e la moglie siamo usciti dalla sala parto abbastanza stravolti, credo. Mai quanto i miei figli che avevano passato la nottata con la suocera (e, a giudicare da come ho ritrovato la casa qualche ora dopo, dev’essere stata una nottata ai limiti dell’assurdo), ma in generale piuttosto distrutti.

Il bello è che mentre io barcollavo con la palpebra cadente lungo i corridoi, c’era anche – in quegli stessi corridoi – quello che secondo me è il prototipo del “papà splendido”.

Perché dovete sapere che gli ospedali sono campionari umani piuttosto significativi. Sono, in fondo, l’unico luogo in cui si ritrovano persone di classi sociali e storie tra loro molto diverse: finiscono nella stessa camera proletari e (figli di) imprenditori, extracomunitari e leghisti, giovanissimi e molto meno giovani. Insomma, nelle corsie degli ospedali c’è l’Italia vera, e forse per questo si spiega il fastidio che ogni tanto manifestano infermieri e dottori: provaci tu a stare tutto il giorno con l’Italia vera. Mica facile.

Tra tutti gli esseri umani che in un ospedale trovano un loro ruolo, quello che a me stupisce di più è però appunto il “padre splendido”. In ognuna delle mie (numerose) capatine in ginecologia e ostetricia ho avuto modo di osservarne qualcuno. Ecco le caratteristiche per riconoscerlo.

1) Mentre la moglie o la compagna esce barcollante e disfatta dalla sala parto, reggendosi a malapena sulle sue gambe e completamente stravolta, lui le cammina al fianco bello come il sole, ingellato e aitante come se fosse appena uscito dalla doccia. E in effetti, dopo l’ultima doccia non ha fatto altro che star seduto su una seggiola davanti alla sala parto ad aspettare mentre giocava a Candy Crush Saga sullo smartphone.

2) Riceve i parenti in corridoio – “per non disturbare il bambino” – e pontifica come se non ci fosse un domani sulla paternità e il senso della vita. La sua frase tipica? «In quel momento, quando l’ho visto per la prima volta, la mia vita è cambiata, non è stata più la stessa»; frase che dice in genere quando sono passate appena due o tre ore dal parto. Una vita in rapidissimo cambiamento.

3) Passa il primo giorno di vita del suo primo figlio al cellulare, a chiamare tutti gli amici, i colleghi e perfino i parenti che non sentiva dal 1997, perché «il messaggio è troppo impersonale». Il non plus ultra è fare un video del piccolo mentre piange disperato perché nessuno gli cambia il pannolino e poi mandarlo a tutte le chat di Whatsapp, da quella dei bestemmiatori del calcetto a quella degli avventori del bar sotto casa.

4) Passa il secondo giorno di vita del suo primo figlio a fumare nel terrazzino del reparto, anche se c’è espressamente scritto che è vietato fumare e che non si può uscire in terrazzino. Oltretutto, visto che in quel terrazzino non puliscono dal 1982, lascia la scia di impronte che dal terrazzo portano dritto alla stanza in cui dorme sua moglie, ma quando viene messo alle strette dalle infermiere si appella al complotto dei poteri forti.

5) Durante il terzo giorno di vita del suo primo figlio non lo si vede. La vita gli è cambiata talmente tanto che ha già fatto un giro completo su se stessa ed è tornata al punto di partenza.

6) A fine degenza, facendo due conti risulta evidente che è andato a a casa a farsi la doccia più spesso lui di quanto la sua compagna non sia andata in bagno a causa dei dolori uterini.

7) Non è ancora riuscito a convincere la moglie a chiamare il figlio Carlitos in onore della finale di Champions, ma conta di farle cambiare idea prima di andare a registrare il nome in Comune.

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