Al contrario di chi plaude a quello che sta accadendo a Barcellona, io sono molto preoccupato. Anzi, se fossi catalano sarei incazzatissimo con tutti.
1) Sarei infuriato con Puigdemont, uno che indice in quattro e quattr’otto un referendum senza quorum e vincolante, senza campagna elettorale e sicurezza nel voto, pieno di irregolarità, e in una settimana pretende di varare una dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Una cosa che al confronto Salvini pare uno statista moderato e rispettoso delle leggi. La democrazia e il voto, scusate, sono ben altra cosa: questo è solo populismo e cinismo politico.
2) Sarei infuriato con Rajoy, che invece di fare politica e mostrare l’idiozia pericolosa di Puigdemont è cascato come un pero nel suo tranello. E invece di mandare mediatori ha mandato manganellatori, dando agli indipendentisti un credito che altrimenti non avrebbero mai avuto.
3) Sarei infuriato con il re, che invece di fare un discorso di unità nazionale facendo tornare un po’ di sale in zucca a tutti ha sposato la linea suicida di Rajoy. Ma possibile che in tutta la Spagna non ci sia un politico degno di questo nome (a parte, forse, la sindaca di Barcellona, l’unica che ha fatto discorsi sensati)? E noi ci lamentiamo dei politici italiani…
4) Sarei infuriato, infine, pure con Piqué, uno che piange per il popolo catalano e poi però risponde alle chiamate della Nazionale spagnola. E si lamenta pure se il resto degli spagnoli lo fischia, dimostrando di non aver capito nulla di quello per cui ha votato. E ne avrei anche per il Barcellona, squadra che vuole l’indipendenza della Catalogna ma gioca lo stesso nel campionato spagnolo, senza saltare nemmeno la partita del 1° ottobre, perché altrimenti le tolgono 6 punti in classifica ed evidentemente la Liga conta più del “dolore del popolo”. Una volta, se ti ribellavi al potere centrale, ti mandavano i carri armati e rischiavi la vita; questi non sono disposti nemmeno a perdere 6 punti in campionato.