[dropcap] E [/dropcap] siamo alla puntata numero 6: il terzopupo non accenna a nascere, ma nel frattempo proseguono gli esami di maturità (passati agli orali) e l’Italia è arrivata in finale agli Europei. Episodi precedenti qui.
«Voci incontrollate dicevano che vinceva 20-0 e aveva segnato pure Zoff». Se partoriamo durante Italia-Inghilterra finisco come Fantozzi.
Da quando ha i capelli, mi aspetto sempre che Rooney si metta a cantare “Want you back, want you back for good”. Cicciobombo dei Take That.
Secondo alcune filosofie orientali, sfighe e fortune si compensano. Vado a cena dalla suocera per portare l’Italia in finale.
«Pupo, che forte Balotelli, eh?». «A calcio co me c’è il suo bimbo». «Quelli di colore non sono tutti parenti!». Dio, c’ho il pupo leghista!
Dai Marx e volevano Hegel, dai Hegel e volevano Nietzsche, dai Nietzsche e volevano Freud. La terza prova è come la formazione della Nazionale.
La maturità la abolirei: già la vita delude le tue aspirazioni senza che (per sfortuna, demerito o ingiustizia) ci si metta pure la scuola.
Usciamo alle 19, dopo 11 ore di correzione, e sembriamo gli eroi sciancati e sporchi dei western. Manca solo la scuola in fiamme alle spalle.
Io e un prof salutiamo un maturando: io mi complimento per l’orale, il collega per la morosa. Sarà per questo che io sono precario e lui no.
Maturità: «E com’è morto Mussolini?». «Fu giustiziato dai partigiani». «Ok, e…?». «E gli tagliarono la testa». La Maria Antonietta d’Italia.
Confondere, all’orale di maturità, la rondine del Pascoli con un passero rende chiaro che a livello inconscio la passera conta più del voto.
Risposte vere che non arrivano mai: «Perché hai fatto la tesina su questo argomento?». «Perché l’ho trovata già fatta su internet».
Risposte vere che non arrivano mai: «Cosa hai intenzione di fare, adesso, finito l’esame?». «Bruciare i libri».
Il collegio docenti il 29 giugno con 40 °C in un’aula sottodimensionata provoca odori che andrebbero studiati in biologia, chimica e storia.
La catena Schlecker è fallita, ma il negozio davanti a casa mia non lo sa ed è ancora aperto. Tipo un Goodbye Lenin dei minimarket.
Il mio quartiere è senza corrente, isolato. Blackout. Da piccolo avrei avuto paura dell’uomo nero, ora dell’arrivo della suocera.
Se il blackout continua ancora a lungo io e la moglie ci mettiamo a fare il quarto figlio prima ancora che ci sia nato il terzo.
Luce tornata, niente quarto figlio. Sarà per il prossimo blackout («E se è una femmina si chiamerà “Futura bolletta dell’Enel“»).
Vedo la moglie uscire dalla doccia: «Ma sei dimagrita?». «Ti amo perché sai mentire molto bene».
«Papà, guadda». Fa due salti e cade. «Bello. Una rana?». «Uéé». «Oddio, non era parte della scena?». Non distinguo più tra finzione e realtà.
Bacio la guancia della pupa e urlo: «SMACK». Lei mi imita e bacia la mia ma urla: «CACC». E vabbè.
Suocera: «Che bello questo vestito di Winnie Po’». «Winnie Pooh». «Ah, ok. Questo vestito di Minnie Pooh». Un passo avanti, due indietro.
Torno dagli esami e trovo la moglie che è andata dalla parrucchiera. Non saprà cosa mettersi per il parto, ma almeno i capelli sono a posto.
Moglie dopo un giorno con la suocera: «Ma quando finisci gli esami? Non ne posso più. Non vedo l’ora di partorire così vado in ospedale».
Stanotte mi sono svegliato convinto di un terremoto, invece era solo la moglie che si rigirava. È ora che questo bimbo si decida a nascere.