[dropcap] N [/dropcap]ella prima puntata di questa serie di articoli abbiamo analizzato diversi esempi di social network, facendo particolare attenzione a quali potenzialità questi strumenti abbiano per essere usati a scuola. Prima di addentrarci in profondità sulle caratteristiche di Edmodo, il social network che abbiamo individuato come il più adatto attualmente per la didattica, voglio presentarvi alcune case histories, come si usa dire in inglese, cioè esempi pratici e concreti dell’utilizzo di Twitter e Facebook in ambito più o meno didattico. Oggi partiamo da Twitter, la prossima volta parleremo di Facebook.
Gli esempi di utilizzo di Twitter in ambito scolastico non sono rari. Ne abbiamo scelti alcuni tra quelli che ci sembravano più emblematici.
1) TWHISTORY: la storia in tweet
“Chi dimentica la storia è destinato a retwittarla”: questo lo slogan che fa da motto ad un simpatico servizio americano (in particolare proveniente dallo Utah, Stato famoso più che altro per l’alta presenza di mormoni). In una pagina dedicata appositamente agli insegnanti, il progetto viene presentato in questa maniera:
La storia è noiosa. O almeno è noioso il modo in cui solitamente insegniamo la storia. Chiedete a chiunque sia stato obbligato a memorizzare una lista di date e fatti e vi dirà che preferirebbe subire un’operazione a cuore aperto piuttosto che avere a che fare con un altro corso liceale di storia.
È triste che così tante persone si avvicinino in modo così negativo a una materia così fondamentale.
[…] TwHistory prova ad aiutare gli studenti a fare esperienza di una porzione di tempo vista attraverso gli occhi di un’altra persona. L’unione di queste esperienze personali può dare una prospettiva unica di un evento storico.
[…] Vi incoraggiamo ad aiutare i vostri studenti a vivere la storia. Scegliete un evento. Scegliete una persona. Fate delle ricerche e preparate i tweet. Poi guardate la storia che si svela attraverso la più moderna delle esperienze, Twitter.
Il meccanismo del sistema è molto semplice: si ricreano degli eventi storici immaginando cosa sarebbe successo se i protagonisti di tale evento avessero avuto la possibilità di twittare. Ad esempio, se si volesse si potrebbe raccontare la spedizione dei Mille tramite i tweet di Garibaldi, Nino Bixio, Ippolito Nievo, Cavour, Vittorio Emanuele II e tanti altri mentre descrivono la partenza da Quarto, l’arrivo in Sicilia e poi via via fino all’incontro di Teano. Invece di leggere tutto raccontato “alla vecchia maniera” su un libro, i creatori dell’esperimento ritengono più appassionante seguire la narrazione degli eventi fatta dai protagonisti tramite brevi dichiarazioni di 140 caratteri. Un approccio moderno e, se vogliamo, ironico, che vuole stimolare la fantasia dei ragazzi ma anche spingerli a guardare i problemi storici da un punto di vista più “umano”, sottolineando la testimonianza, l’interesse, la partecipazione emotiva dei protagonisti.
Unico difetto di TwHistory: per ora gli eventi narrati sono pochi, fortemente legati alla storia americana e solo in inglese. L’idea però è suggestiva e merita attenzione. Potrebbe essere ad esempio un interessante compito per casa quello di far ricreare ai ragazzi un particolare evento storico tramite dei tweet, assegnando a ogni studente un ruolo ben preciso (rimanendo all’esempio di prima, uno farebbe Garibaldi, uno Cavour, uno Vittorio Emanuele II, uno una camicia rossa volontaria e così via) e chiedendo loro di produrre un centinaio di tweet, magari intrecciati a quelli dei compagni, per ricostruire l’evento. Di sicuro la storia verrebbe vissuta quasi in prima persona.
2) LISTOMANIA: cosa scrivono le scuole americane su Twitter
Esistono, su Twitter, varie liste che raccolgono i post delle scuole statunitensi. Una delle più interessanti è chiamata semplicemente “School” ed è stata creata da William Stites, abbastanza attivo sul versante scuola-social network (la si può consultare qui). Che tweet ci si trovano? Aggiornamenti di stato perlopiù istituzionali, volti a mostrare (agli studenti, ai loro genitori e ai genitori di ragazzi che vorrebbero iscriversi) l’attività della scuola. Li abbiamo divisi schematicamente in alcuni gruppi sulla base del loro contenuto:
- link a post più dettagliati sul sito ufficiale della scuola (contenenti avvisi, informazioni per la didattica, piani dell’offerta formativa e quant’altro);
- risultati sportivi dei vari team legati alla scuola (con a volte anche foto e filmati);
- link a filmati registrati a scuola e caricati su YouTube (video di esperimenti scientifici, conferenze e così via);
- link ad articoli di didattica e pedagogia.
In generale si può dire che il grosso dell’attività è legata semplicemente alla promozione della scuola e dei suoi alunni; poco spazio è lasciato alla didattica, anche perché Twitter in realtà, come dicevamo, è poco propenso all’approfondimento: Twitter è un social network che si usa di fretta, di passaggio, mentre si è in coda da qualche parte o quando ci si vuole distrarre per due minuti dal lavoro, quindi difficilmente i lunghi articoli di pedagogia trovano là terreno fertile.
3) TWITTER ALLE ELEMENTARI: un esperimento in una scuola inglese
Dove le sperimentazioni con Twitter mescolano l’avanguardia didattica alla bellezza e alla poesia dell’apprendimento è nelle scuole elementari: qua e là (ma comunque sempre lontano dall’Italia), infatti, alcuni volenterosi docenti di scuola primaria hanno tentato di portare il social network dei 140 caratteri in classe, per avvicinare i giovani studenti a uno stile di scrittura semplice e contemporaneamente aperto al mondo. In fondo, i “pensierini” che tutti abbiamo scritto alle elementari spesso non superavano i 140 caratteri.
L’esperimento più interessante (e documentato) è quello che fa capo a Martin Waller, docente in una scuola di confessione anglicana di Stockton, nel nordest dell’Inghilterra. L’esperimento di Waller prevedeva un computer sempre acceso e aperto sullo stream dell’account Twitter @ClassroomTweets in una classe di bambini di 6 e 7 anni; durante la giornata, gli studenti erano incoraggiati ad andare di tanto in tanto al computer e digitare un pensiero, raccontare una cosa imparata, provare ad applicare una nuova regola grammaticale appena appresa.
Ovviamente l’operazione era vincolata da tre regole, che i bambini hanno sempre seguito: 1) non dovevano mai menzionare il proprio nome o quello di un compagno; 2) non potevano controllare le reply (questo per evitare che vi potessero trovare un linguaggio non appropriato alla loro età); 3) non potevano navigare al di fuori della loro pagina di Twitter.
I vantaggi dell’esperimento sono stati notevoli, come ha ben raccontato lo stesso Waller. Schematizzando:
- i bimbi si sono esercitati nella scrittura autonoma e senza l’intervento del docente (gli errori volutamente non sono stati corretti in fase di scrittura, in modo che nell’operazione rimanesse preponderante l’aspetto ludico);
- cercando di raccontare quello che avevano appena appreso, hanno dato maggior valore a quello che si faceva in classe;
- man mano che iniziavano ad arrivare delle reply (anche se ovviamente prima controllate dal docente), i bambini hanno iniziato a capire che quello che scrivevano non rimaneva confinato all’interno della classe, ma si apriva al mondo; hanno, insomma, fatto una vera esperienza comunicativa, che li ha anche ricompensati con commenti positivi e incoraggianti dei loro follower;
- usando lo stesso Twitter ma anche uploadando fotografie dei loro disegni tramite Twitpic hanno sicuramente migliorato le loro competenze digitali.
Nelle conclusioni, il maestro riporta il tweet di un bambino che prima di usare Twitter aveva una visione molto negativa della scrittura, un tweet che molto semplicemente recita “I like writin”. Manca una “g” alla fine, ma l’obiettivo di avvicinare dei bambini alla bellezza della comunicazione tramite la scrittura è sicuramente stato raggiunto.