Mommy Porn vs. Grandpa Porn. L’irrispettoso confronto tra “Cinquanta sfumature di grigio” e un pornazzo da edicola

Antefatto 1
Quattro mesi fa, la simpatica @francescapeach postò sul social network dell’uccellino blu il seguente tweet: Libri erotici dell’edicola. Spicca l’inarrivabile “Avvilendo la cameriera”.
La busta di @francescapeachIo, per scherzare, commentai con un lapidario «lo leggerei». Mai avrei pensato che mi avrebbe preso alla lettera: nel giro di pochi giorni chiese il mio indirizzo di casa, comprò con inumano coraggio il libercolo in edicola e me lo spedì in busta chiusa (senza scriverci “Qui dentro c’è un libro porno”, cosa di cui le sono immensamente grato, visto che poi la busta finì pure in mano alla suocera). Prima di farlo, per incastrarmi meglio, scrisse anche un post per il suo blog (con annesso reading) che potete leggere/vedere qui.
Come avventatamente promesso, da ormai esperto qual sono dell’orrido letterario (nel mio curriculum vanto le letture di Bruno Vespa, Federico Moccia, Melissa P., Fabio Volo e altri bei tipi del genere), avrei quindi dovuto leggere il libro e commentarlo da qualche parte, su Twitter o sul blog, ben sapendo che ci sarebbero state molte cose comiche da segnalare: questi erano i patti. Nessuno sapeva che avrei trovato cose ben più comiche altrove.

Antefatto 2
Negli stessi giorni in cui mi arrivava a casa “Avvilendo la cameriera” e in cui cercavo di spiegare la situazione alla mia sorpresissima moglie, mi capitarono sott’occhio svariati tweet e articoli che s’interrogavano sul successo di “Cinquanta sfumature di grigio” e i suoi seguiti, casi letterari di quest’estate. Tra gli autori dei tweet ricordo @anninat, @angiehanami, @XtinaLGN (e ne dimentico sicuramente molti altri), mentre tra gli articoli segnalo la recensione di Beppe Severgnini (che trovo condivisibile), la divertente analisi di una lettrice americana, e i post – scoperti però successivamente – di @miparevastrano e di @loffio. In molti di questi post o link ci si chiedeva che immagine avessero di sé le donne e quali sogni riponessero nell’amore, visto che sembravano tutte morir dietro a uno stalker pazzoide come Christian Grey, protagonista maschile del romanzo. Alla donna piace, sotto sotto, esser sottomessa? Le quarantenni e cinquantenni che leggono questo libro sognano un uomo che le domini e le controlli completamente? Questi gli interrogativi che una lettura superficiale di qualche articolo sembrava sollevare; e bisognava quindi trovare risposta leggendo direttamente l’opera. Visto poi che i temi (sesso, sottomissione, ruolo della donna) erano incredibilmente gli stessi di “Avvilendo la cameriera”, perché non farne un’analisi comparata? E quindi…

MOMMY PORN vs. GRANDPA PORN
L’irrispettoso confronto tra “Cinquanta sfumature di grigio” e un pornazzo da edicola
[dropcap] A [/dropcap]ll’inizio, appena ricevuto “Avvilendo la cameriera”, pensavo infatti di limitarmi a qualche tweet, come ho fatto in passato con i due (!) libri di Fabio Volo che ho letto. Man mano, però, che procedevo con la lettura dell’uno e dell’altro volume veniva formandosi nella mia mente un progetto più ambizioso, il confronto totale e sistematico tra i due romanzi, degni rappresentanti del loro rispettivo genere “letterario” (se così possiamo definirli). Da qui il titolo di questo lungo post: il porno per nonnetti, quello che un tempo si comprava in edicola nascondendosi dietro al bavero dell’impermeabile, si scontra su un piano letterario (ma direi anche erotico) col porno per le cinquantenni. E vediamo chi la spunterà.
Sarà un percorso lungo e tortuoso, un’analisi tematica e letteraria che condurrò al meglio delle mie capacità, quindi mettetevi comodi: procederemo per capitoletti.

1. Il tema: la sottomissione e il dominio
Strana, stranissima coincidenza, ma i due libri hanno lo stesso tema, cioè la sottomissione amorosa e in particolare sessuale. “Avvilendo la cameriera” di Jack De Vito, infatti, racconta di una trentaduenne, Carlotta, abbandonata dal marito a causa delle numerose infedeltà di lei, che cerca però di riprenderselo ordendo un piano che vede coinvolta una giovanissima cameriera trasformata in una sorta di schiava sessuale; il più romantico “Cinquanta sfumature di grigio” di E.L. James invece narra del rapporto tra la 21enne Ana e il 27enne bellissimo tycoon Christian, con lui che per tutto il libro tenta – tra l’altro senza alcun successo – di agire da Dominatore nei confronti della fidanzata, mettendo in campo frustini, punizioni corporali e controllo psicologico.
Il BDSM, insomma, la fa da padrone in entrambi i volumi, anche se con diversi toni e profondità. In “Avvilendo la cameriera”, infatti, assistiamo a scene di vera ed estrema sottomissione (viene coinvolto spesso pure un cane, e per pudore preferisco non dirvi come), mentre in “Cinquanta sfumature” ci si limita a qualche sculacciata apparentemente lieve, almeno fino al finale, quando fa la sua comparsa qualcosa di simile alla cinghia.
Davanti a temi di questo genere, penso sarebbe stato interessante esplorare i risvolti psicologici e di coppia, gli equilibri e gli squilibri, le disfunzioni, le speranze e soprattutto le motivazioni che possono star sotto a pratiche di questo tipo: ebbene, “Avvilendo la cameriera” e “Cinquanta sfumature di grigio” a questi risvolti psicologici non ci si avvicinano neppure, o almeno non in maniera plausibile.
Inutile parlare di psicologia nel porno di De Vito: le donne fanno sesso perché sono “vogliose” e gli uomini perché sono uomini, non c’è nemmeno da chiederlo. Nessuna sorpresa, su questo versante. Forse, tenendolo in verticale... Will Ferrell e Zach Galifianakis leggono E.L. JamesLa sorpresa è invece nel libro di E.L. James: da una donna mi aspettavo un surplus di ragionamenti, motivazioni, riflessioni. Ed in effetti una voce interiore – pressante e spesso pesante – c’è, continuamente; ma è una voce superficiale, banale, che neppure prova a capire la dinamica delle cose: Ana incontra il bel Christian e se ne innamora; lui ha la mania del controllo e della violenza perché “dentro di lui ci sono cinquanta sfumature di tenebra” (testuale) e perché ha avuto un’infanzia difficile, e basta, morta lì. Quali siano queste “ferite”, in più di 500 pagine non ci vien detto (probabilmente viene svelato nei libri successivi, ma tre volumi per parlarci di banalissimi abusi infantili ce li potevano risparmiare); come fa lei a passare in quattro e quattr’otto dal ruolo di verginella impaurita a quello di dea del sesso, non è dato saperlo; come mai prima non aveva mai neppure pensato all’autoerotismo mentre ora lo farebbe in tutti i luoghi e tutti i laghi rimane un mistero. Abbiamo solo questa “dea interiore” che saltella, stupidissima, ogniqualvolta lui le dica di volerla “fottere senza pietà” (anche questo testuale) e un po’ di sarcasmo – ma pochino – qua e là. Anche il personaggio maschile, Christian, è avvolto nel mistero, non tanto perché questo ne aumenti il fascino, quanto perché anche in questo caso non ci è dato capire quasi nulla: se ha davvero la fissa del controllo, perché va in cerca della recalcitrante Ana? E perché non viene appagato dal suo lavoro, in cui controlla tutto e tutti? E, soprattutto, perché ama così tanto menare le mani? “È così e basta”, dice lui, più volte. Ecco, appunto: è così e basta. La regola è non farsi troppe domande.

2. I risvolti sociologici
Sembra un paragrafo che nulla dovrebbe avere a che fare con l’analisi letteraria, ma è proprio su questo problema che si sono soffermate la maggior parte delle recensioni che ho letto in rete su “Cinquanta sfumature di grigio”: generalmente, l’aver venduto così tanto e fra donne tutto sommato di ogni età (anche se c’è una predominanza delle quarantenni-cinquantenni, pare) viene visto come un segnale pericoloso se non pericolosissimo. Le donne – sembra emergere dal libro – amano farsi sottomettere, è il loro desiderio inconscio e inconfessabile che rischia di far crollare decenni di lotte femministe; amano farsi dominare dal belloccio di turno, e non importa che lui sia pazzo, violento e maniacale: l’importante è stare con lui.
Devo dire che, dopo aver letto il libro, ritengo queste critiche fortemente esagerate: Ana è una cretina di prim’ordine e Christian un uomo pericoloso, ma dubito che le lettrici di mezzo mondo sognino di essere sottomesse da uno stalker maniaco. Il meccanismo psicologico, a mio avviso, è più complesso: Ana sta con Christian non perché ami il bondage o il sesso estremo (anche perché in realtà le posizioni sono abbastanza banali, il più delle volte), ma perché è sopraffatta dalla sua bellezza e dalle sue attenzioni. Non gliene frega niente del carattere del suo bel Christian (d’altronde non parlano quasi mai, e quando parlano non si sopportano), né della sua personalità dominatrice, né di altro: quando si sofferma su ciò che la affascina, Ana cita sempre la disarmante bellezza di lui e le sue premure (anche economiche, ma non solo: ogni volta che lei chiama lui corre, ogni volta che lei si volta lui è là a pedinarla come il perfetto stalker). Non a caso, verso la fine del libro, lei pensa (ma le citazioni simili potrebbero essere molte): «Amo quest’uomo. Amo la sua passione, l’effetto che ho su di lui. Amo il fatto che abbia compiuto un viaggio così lungo per vedermi. Amo essere importante per lui… e lo sono». La mia idea, quindi, è questa: il libro ha avuto successo non per le sue qualità letterarie (pressoché inesistenti, come vedremo a breve) ma – pubblicità e psicologia di massa a parte – perché racconta di una imbranata, insicura e mezza sfigata ragazza che affascina fino all’ossessione un uomo potente che può avere qualsiasi donna voglia. Non è un libro che esalta la sottomissione, ma una favola in cui la cenerentola di turno conquista il cuore del suo principe; non un principe azzurro, almeno all’inizio, ma un principe nero (meglio: grigio, così rimaniamo in tema), pieno di ossessioni spaventose, che l’eroina di turno riuscirà però a guarire. In pratica, non è altro che “La bella e la bestia” riadattato in chiave moderna (e scritto peggio).
Un’ultima nota, riguardo al problema del femminismo: come ne esce la donna, da questi due libri? Così così, devo dire. Da “Cinquanta sfumature” emerge una donna che ancora trova la propria realizzazione nel riuscire a cambiare il proprio uomo: Ana sogna di fare la stagista in una piccola casa editrice, ma i suoi pensieri vengono subito catalizzati da Christian, che diventa l’unico vero scopo della sua vita. Lui ha il lavoro, ha gli impegni di tutti i giorni; lei ha solo da vivere nell’attesa di lui. Detto questo, rimane però l’idea che, nella coppia, il coltello dalla parte del manico l’abbia nettamente lei e che anche questo suo atteggiamento “remissivo” sia solo una sua scelta, che infatti smette di avere a suo piacimento.
Per quanto riguarda “Avvilendo la cameriera”, il discorso è ambiguo: da un lato, la protagonista è una donna, questa Carlotta, dalla personalità forte, furba, determinata e manipolatrice, quindi tutt’altro che remissiva; dall’altro, però, come in moltissimi porno “vecchio stampo” passa l’idea che le donne siano in realtà tutte sempre arrapate e vogliose anche quando sembrerebbe di no, e quindi si legittima in un certo senso lo stupro (c’è una scena, in particolare, in cui Carlotta viene costretta ad un rapporto sessuale di gruppo, ma la cosa alla fin fine non la disturba… capite la pericolosità di un messaggio di questo tipo?).

3. Il sesso
Qua c’è poca storia: il pornazzo vince alla grande, almeno da un punto di vista prettamente maschile. È vero che le sequenze erotiche sono estreme, spesso irrealistiche (per seguire del tutto avrei avuto bisogno di un atlante anatomico, tanto erano dettagliate e tiravano in ballo zone che non sapevo esistessero) e a tratti anche abbastanza disgustose, ma quantomeno c’è un po’ di sostanza, un minimo di varietà e soprattutto fantasia. Sarà forse che il sottoscritto non è un grande esperto del settore, ma in quasi tutte le numerosissime scene di sesso sono rimasto decisamente sorpreso, incuriosito e, diciamolo, mio malgrado in parte anche catturato.
Lo stesso non si può dire per “Cinquanta sfumature di grigio”: escludendo, forse, un paio di descrizioni tutto sommato riuscite, per il resto il sesso in quel libro è di una noia mortale. Monotono e uniforme, segue un unico schema:
1) lui le dice di volerla a tutti i costi e lei si agita e vede la “dea interiore” fare le capriole;
2) lui la spoglia e lei pensa “Oddio, vuole fare sesso proprio con me! Con me che non sono nemmeno bionda!”;
3) lui le mette le dita “là” (e lo fa sempre, davvero, immancabilmente, anche quando lei ha le mestruazioni, in imbarazzantissime scene con tanto di assorbente interno accluso) e lei pensa “Oddio, come sono eccitata”;
4) lui fa qualche altro preliminare a scelta – sculacciate o mani in svariate zone erogene fa poca differenza – e lei arriva a un millimetro dall’orgasmo;
5) l’atto viene consumato nella posizione del missionario e in tre secondi finiscono entrambi.
Non succede mai che lui entri subito (se non una volta, quando deve “punirla”); anche le posizioni variano con una fantasia così scarsa che nemmeno una coppia di settantenni saprebbe far di peggio. Insomma, il sesso è più o meno sempre uguale, e non basta qualche strampalato luogo comune piazzato a casaccio (gli auricolari con la musica sacra o il legarla a qualche palo) per ravvivare l’impatto della situazione.
Oltretutto, il sesso non è mai – se non proprio all’inizio – il punto d’arrivo di una tensione crescente, l’akmé della seduzione: semplicemente, i due si trovano davanti e devono per forza andare a letto, in ogni caso, quasi fosse una cosa meccanica. Perfino quando lui ha totalmente la testa altrove, ci si mettono sotto all’istante, senza che in realtà niente abbia realmente potuto svegliare “l’istinto”. Alla lunga, la cosa ovviamente finisce per provocare sbadigli.

4. Lo stile
Difficile valutare la prosa di questi due romanzi. Prendiamo ad esempio “Avvilendo la cameriera”: una traduzione poco felice, infatti, e uno scarso editing fanno sì che siano presenti molte ripetizioni e perfino degli errori ortografici e grammaticali – mi direte: e chi vuoi che se ne accorga? È come mettersi a guardare un filmino erotico e criticare la disposizione dei mobili; e vabbè, sono fatto così – che danno abbastanza fastidio ma che, credo, non si possono del tutto imputare al presunto autore De Vito. A parte questo, la prosa è scarna, essenziale, con però delle vistose e clamorose eccezioni: non è raro, infatti, trovarsi davanti un eccesso di avverbi nelle scene clou, avverbi che rallentano la velocità della lettura e fanno perfino un po’ ridere (tipo la donna che, nel pieno dell’amplesso, si lascia sfuggire un «Mi piace godere VOLGARMENTE»: figuriamoci se uno riesce davvero a dire una cosa del genere e ad articolare la voce in una parola così lunga e piena di sillabe… a me riescono solo grugniti, ma forse sono io). Infine, l’altro elemento straniante e involontariamente comico sono i nomi dei personaggi, soprattutto quelli maschili: abbiamo ragazzini che si chiamano Attilio e aitanti mariti dall’impegnativo appellativo Dagoberto.
Anche in America consigliano di comprarli assieme, per recuperare con il secondo quello che si perde col primoIl discorso è analogo nel libro della James: la costruzione della frase è semplicissima, il lessico è incredibilmente povero (pure qua non mancano le ripetizioni: quante volte sentiamo l’espressione “cinquanta sfumature di tenebra”? O “farfalle nello stomaco”? È una cosa addirittura imbarazzante), le scene di sesso vengono rovinate dal termine sbagliato al posto sbagliato (quante volte Ana parla della sua vagina usando le espressioni “là sotto” o “là”?). Il colmo si raggiunge in due punti, particolarmente esemplificativi a mio modo di vedere: il primo, quando Christian e Ana iniziano a parlare come i bimbiminkia, lui enfatizzando le frasi mettendo un punto dopo ogni parola (“Sei. Così. Dolce. Ti. Voglio. Da. Morire”), lei esagerando coi segni di punteggiatura (“Come???!!!”); il secondo, quando si scrivono delle mail degne di quindicenni in calore, con tanto di “riattacca prima tu” riadattato all’epoca di internet.

5. Lo sviluppo della trama e la verosimiglianza
Sia chiaro, non sono uno che pretende che i romanzi siano per forza realistici: una certa dose di libertà rispetto alla verosimiglianza è in certi casi necessaria. Davanti a romanzi erotici se non addirittura pornografici, che vivono dell’identificazione del lettore coi protagonisti, una certa dose di realismo però va pretesa. E questa manca in entrambi i casi, inficiando la forza degli eventi narrati.
“Avvilendo la cameriera” è una di quelle storie che appartengono al genere dei “sogni adolescenziali irrealizzabili che magicamente si realizzano contro ogni logica”: una donna bellissima che ha il debole per i ragazzini, che li invita a casa sua, a volte addirittura più d’uno per volta è, diciamolo, la speranza segreta di ogni 15enne brufoloso, e qui il buon De Vito appaga in tutto e per tutto le speranze più disperate dei suoi lettori; non per niente, a un certo punto perfino un pensionato brutto e sovrappeso che porta fuori il cane viene coinvolto in un giochino ai danni della cameriera. Insomma, non disperate poveri segaioli: c’è una speranza per tutti, quantomeno nei libri.
Il problema, però, non è “Avvilendo la cameriera”: è un libricino che perfino gli edicolanti si vergognano di vendere, non ha alcuna pretesa. “Cinquanta sfumature di grigio” lo pubblica la Mondadori, invece, eppure il risultato è il medesimo: sì, perché pure il libro della James non fa altro che appagare tutti i sogni adolescenziali delle sue lettrici, anche se – bisogna dargliene atto – riesce a mascherarlo un tantino meglio (e questo fa la differenza tra poche centinaia di copie vendute e decine di milioni). Da quanto capiamo dal libro, Ana non è una brutta ragazza, ma non brilla: ha un paio di spasimanti che però non le interessano, a scuola è bravina ma di basse ambizioni, è spesso offuscata dalla coinquilina Kate, lei sì in gamba e bella; insomma, è una ragazza media, direi addirittura mediocre, senza niente che le permetta di emergere tra la folla. Una tra tante, una come tante. Eppure il miliardario più giovane e affascinante del mondo perde completamente la testa per lei. E lo fa subito, alla prima occhiata. Immedesimiamoci: tu sei un 27enne di successo stratosferico, lo scapolo più ambito della costa occidentale, hai un ufficio dove lavorano una serie di bionde mozzafiato e potresti, virtualmente, scegliere qualsiasi donna del mondo per farne la tua concubina, perché sei bello, ricco e sicuro di te; eppure perdi la testa per questa anonima e sbadata 21enne senza arte né parte, appena la vedi ne rimani così affascinato che non riesci a toglierle gli occhi di dosso e a togliertela dalla testa. E non perché sia bella o brillante, ma neppure perché sia brutta o una completa nullità (perché sappiamo che anche gli estremi opposti possono, in alcuni casi, destare un qualche interesse, soprattutto quando si è abituati ad avere sempre il top); no, lei ti affascina così tanto proprio perché come lei ce ne sono milioni e però di quei milioni di donne uguali a lei apparentemente non ti sei mai reso conto. Plausibile, no?
Ma le incongruenze con la logica e il buon senso non si fermano qui: lui è un magnate impegnatissimo, su cui gravano responsabilità immense, eppure prima riceve nel suo ufficio le studentesse di un giornalino scolastico (cosa li hanno inventati a fare, gli uffici stampa? Mistero) e poi passa il tempo a pedinare una nullità come Ana, che invece non fa niente di niente 24 ore su 24; tutta la ricchezza, Christian se l’è costruita con le sue proprie forze, visto che la famiglia di origine è benestante ma non miliardaria, eppure ha solo 27 anni e ha avuto anche il tempo di studiare pianoforte, farsi sottomettere per anni da un’amante dell’età dei suoi genitori e prendere il brevetto di volo (deve essere uno di quei tipi che hanno bisogno di dormire solo 3 ore per notte, beato lui); infine, e questo lo saprete già perché viene citato ovunque, lui le propone una serie di contratti che definire assurdi è poco, visto soprattutto che poi finisce per non farglieli nemmeno firmare e li disattende dal primo all’ultimo.
Insomma, la trama è esilissima, incongruente e inconcludente. Anzi, diciamo pure che la trama non c’è: è solo il racconto di come Ana e Christian s’innamorano e trombano, punto e basta. Il resto, le “sfumature di grigio”, le “cicatrici nell’anima” e così via servono solo per allungare la brodaglia, e infatti sono di una banalità degna di un Harmony.

Tiriamo le somme
Premettendo che i due romanzi sono talmente semplici nella prosa e prevedibili negli sviluppi da consentire una lettura scorrevolissima (ed è per questo, temo, che almeno “Cinquante sfumature” vende così tanto: perché lo si legge spegnendo il cervello, ed è quello che molti di noi cercano), non mi sento di consigliarne nessuno dei due, se non – al massimo – per quello stesso interesse verso il macabro che ha spinto me. Non è detto che per il film servano uno sceneggiatore e un regista... in fondo per il libro non è servita una scrittriceScritti maluccio, senza trama e banali perfino nelle idee di fondo, puntano tutto sull’erotismo, con esiti diversi: se “Avvilendo la cameriera” quantomeno vola basso e alcuni punti li porta a casa, “Cinquanta sfumature di grigio” non lascia nulla, nemmeno una scena che rimanga impressa, e devo dire che perfino Melissa P. (e ho detto tutto) era riuscita a fare di meglio. I miei voti, in decimi:
– Avvilendo la cameriera: 4
– Cinquanta sfumature di grigio: 3

Appendice 1: i libri di cui ho parlato
“Avvilendo la cameriera” è firmato da tale Jack De Vito e tradotto in italiano (nientedimeno!), si legge a pagina 2, da Priscilla Block. Mi meraviglierei se non si trattasse di pseudonimi, ovviamente. Pubblicato dalla fantomatica Venus Erotica (il cui pruriginoso catalogo è pure online), a quanto pare si può acquistare per posta appunto scandagliando il sito. Costa solo 6 € per una novantina di pagine.
“Cinquanta sfumature di grigio” è invece il primo capitolo di una trilogia scritta da E.L. James – anche questo uno pseudonimo, dietro cui si nasconde la 49enne Erika Leonard – che in origine è nata come fanfiction di “Twilight” ma, riversata su carta, ha battuto tutti i record di vendita nel mondo. In Italia è pubblicato da Mondadori a 14 € per quasi 550 pagine.

Appendice 2: i tweet
Riporto qui di seguito i tweet che ho postato durante la lettura dei due libri, più che altro perché mi dispiace vadano persi e perché approfondiscono alcuni temi che ho trattato qui sopra. Ecco i più significativi.

Torna in alto