Come sono sopravvissuto all’Expo, a Milano e al caldo con due pupi e un passeggino

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Qualche mese fa io e mia moglie ci siamo trovati a parlare dell’Expo. Ci dicevamo che nessuno di noi ne aveva mai visto uno, e che probabilmente quello di Milano di quest’anno poteva essere un’occasione unica, sia per noi, sia soprattutto per i nostri figli. E, insomma, ci siamo detti che sarebbe stato bello portarli, se non fosse stato per almeno due problemi: a) mia moglie era, all’epoca, incinta del quartopupo, che è poi nato a fine maggio, e non si può certo portare un bimbo di così pochi mesi a scarpinare tutto il giorno sotto il sole e il caldo per dei padiglioni che non può nemmeno notare né ricordare; b) il terzopupo ha solo tre anni, e una visita all’evento di Rho sarebbe stata un’agonia sia per lui che per noi.

Mia moglie ha quindi avuto una di quelle proposte che – “corleonescamente” – non si possono rifiutare: «Perché non porti tu Roberto e Claudia a Milano, mentre io sto a casa con gli altri due?».

E così ho preso i biglietti già ad aprile, quelli a data libera (che, attenzione, vanno poi confermati via internet in una data precisa), e mi sono messo l’animo in pace: tra luglio e agosto, dopo gli Esami di Stato e prima di prendere servizio – e magari essere assunto a tempo indeterminato – avrei dovuto portare i due pupi maggiori all’Expo.

Quel giorno è arrivato lo scorso lunedì.

«Papà, ma questo è il posto dove è nata la principessa?». Pupa monarchica disneyana.

Una foto pubblicata da Ermanno Ferretti (@scrip) in data:

Serve però una premessa. I miei genitori hanno un camper, che usano piuttosto spesso per girare l’Europa e l’Italia. Anche loro volevano andare all’Expo e quando hanno saputo del nostro progetto si sono proposti di accompagnare me e i due pupi a Milano, anche perché badare a due bambini (tra l’altro di sesso diverso, e quindi che corrono in bagni diversi) con borsoni, zaini e quant’altro da soli è abbastanza complicato. Quindi ci siamo accordati così: domenica mattina, tutti in camper assieme verso Milano; domenica pomeriggio, veloce visita del centro del capoluogo lombardo; lunedì, Expo; lunedì sera, io e i pupi avremmo poi preso il treno per tornare a casa, mentre i miei sarebbero rimasti un giorno in più a Milano, tornando col camper martedì. Questo permetteva anche di portarsi dietro una piccola borsa da viaggio da lasciare poi ai nonni senza doversela portar dietro per tutto l’Expo. E così abbiamo fatto, visto anche che i pupi adorano il camper.

Ma ora passiamo alle faccende serie. Le cose più significative della domenica a Milano:

• il Duomo è diventato a pagamento e non lo sapevo. Non che 2 euro a persona siano una gran spesa, ma è stata la coda sotto il solleone a turbarci di più; una volta dentro, il pupo si è divertito a riconoscere storie bibliche nelle vetrate gotiche («Papà, cerchiamo dove muore Gesù… no, là è solo ferito… no, quello è il diluvio… quand’è che muore?») e a guardare le tombe degli arcivescovi del passato;

• un baracchino di leghisti vicino al Castello Sforzesco ha tentato un colpo gobbo coi miei figli, a cui ho reagito come segue:

Un baracchino di leghisti, sfruttando l’amore dei pupi per i palloncini, ce ne ha affibbiati due della Lega. Ho dovuto prometterne dieci di nuovi per essere autorizzato a scoppiarli #SalviniMiRovini

Posted by Ermanno Ferretti on Domenica 12 luglio 2015

I pupi in direzione Castello Sforzesco

• portare la pupa “in coppetta” sotto il solleone credo sia la cosa che in vita mia mi ha avvicinato di più all’infarto.

E ora il clou, ovvero le cose più significative del lunedì all’Expo e i consigli per chi deve ancora andarci.

• Dalla stazione di Porta Garibaldi è abbastanza facile arrivarci, anche se solo noi in Italia abbiamo le linee che a un certo punto divergono e hanno due destinazioni diverse; se fossi straniero, abituato alla rigida logica britannica o tedesca, mi sentirei piuttosto disorientato nel sapere che il treno per l’Expo può avere quattro diverse destinazioni ma che sullo stesso binario ne arrivano anche altri che, pur nella stessa direzione, non fermano a Rho.

• Prima di entrare, bisogna assolutamente che vi procuriate un bambino piccolo. Rubatelo, rapitelo, fatevelo prestare, fatelo nascere, ma portatevelo dietro, perché all’Expo pare di essere – almeno a tratti – in un paese nordico e se avete un passeggino al seguito spesso saltate le code.

• Ad esempio, io sono arrivato a Milano senza passeggini perché non avevo nessuna voglia di farmi su e giù per le scale mobili della metropolitana con tutto quell’armamentario (l’ho fatto in varie città europee, ma la pupa ha ormai 5 anni e pensavo fosse finalmente giunta l’ora di smettere). Il pomeriggio di domenica a Milano, però, mi ha fatto capire che l’Expo con la pupa a piedi per 8 ore poteva diventare insostenibile e quindi ho approfittato della bella iniziativa Chicco: appena fuori dai cancelli di entrata dell’Expo, infatti, sulla sinistra c’è un ufficio dove, in cambio di una mail e di una cauzione lasciata tramite Bancomat o Carta di credito (cauzione che ti viene restituita a sera, alla riconsegna del mezzo), ti danno un passeggino. E questo, in molti stand ti consente di saltare la coda: ci è successo sia al Padiglione Italia che a quello del Giappone, nonostante io insistessi per fare la coda. Quindi: fate figli, perché vi faranno fare prima all’Expo!
La rete brasiliana

Padiglione Zero: visto subito, abbastanza anonimo, ma almeno non porta via tempo.

Padiglione Brasile: ci avevano detto che c’era molta coda, quindi l’abbiamo visitato il prima possibile, ed in effetti alle 10:30 c’era una fila molto scorrevole. Il pezzo forte del padiglione è la grande rete su cui si cammina un po’ avventurosamente, ma che fa molto colpo sui bambini; poi, all’interno, varie informazioni sulle varie coltivazioni locali.

Padiglione Kazakistan: il più bello tra quelli che abbiamo visto. Me ne avevano parlato molto bene, quindi anche qui abbiamo puntato subito alla meta. Coda non troppo lunga in quella fase della mattina, e comunque allietata prima da una ballerina kazaka, poi da un suonatore con una specie di banjo locale. Dentro, lo spettacolo è sensazionale: subito, si assiste allo show di una ragazza che disegna con la sabbia la storia del popolo kazako, in maniera simile a come accadeva in un vecchio spot dell’Enel; poi si passa attraverso una piccola mostra interattiva; infine, si arriva in un cinema 4D molto avvolgente dove, grazie ai soliti appositi occhiali, si viene catapultati in mezzo alle lande e alle città del paese, correndo assieme ai cavalli e volando con le aquile. Insomma, roba grossa, che lascia a bocca aperta i bambini. Tutto questo perché il Kazakistan ospiterà, nella sua capitale Astana, la prossima edizione dell’Expo, quella del 2017.
Prima di entrare nel padiglione kazako

Padiglione Italia: insomma, mi aspettavo qualcosa di più. Certo la struttura è architettonicamente bella, e il padiglione in sé è circondato da vari stand regionali, oltre ad essere attaccato all’albero della vita; ma dentro è tutto sommato abbastanza convenzionale, carino ma mai entusiasmante, privo di quegli effetti speciali che ti lasciano a bocca aperta.

Padiglione Marocco: mi avevano detto che era interessante e il fatto che non ci fosse coda ci ha spinti a entrare. Niente di stupefacente, ma l’uso degli odori e dei climi a contrassegnare le varie stanze è una mossa azzeccata.

Padiglione Giappone: a parte la prima stanza, forse un po’ troppo zen, il padiglione era interessante e interattivo. Scaricando l’app apposita sul proprio smartphone, ad esempio, si poteva interagire con i vari strumenti, ma in pratica nel gruppo di una cinquantina di visitatori entrati con me l’abbiamo fatto solo in due. Bella soprattutto la parte finale in una sorta di finto ristorante giapponese, con tavoli touch screen con cui si interagiva tramite le bacchette. Tutto molto tecnologico, insomma, anche più di quanto i visitatori non fossero pronti ad affrontare.
La pupa al Children Park

Children Park: un po’ laterale rispetto ai padiglioni veri e propri c’è un’ampia zona dedicata ai bambini, con giochi legati al tema dell’Expo. Quando ci siamo andati noi, attorno alle 17, non c’era praticamente nessuno se non gli animatori. Attrazioni semplici ma che hanno avuto una buona presa sui pupi.

Il pranzo (o la cena) dentro i padiglioni può costare anche parecchio, ma sono presenti vari centri ristoro specializzati sia nella cucina italiana che in quella straniera. Oppure ci si può arrangiare portandosi roba da fuori. A quanto mi dicono, nei primi giorni facevano buttare le bottigliette d’acqua all’ingresso, mentre adesso le fanno passare. Dentro all’Expo, anche se un po’ decentrati rispetto al Decumano (il vialone principale), si trovano anche delle fontanelle per “ricaricare” le bottiglie.
Davanti all'albero della vita

• Tra le 10 e le 18, comprese le pause per mangiare e riposarci di tanto in tanto per il caldo atroce, abbiamo visto 6 padiglioni più il parco bambini, e direi che è un record, date le code. Sappiate che in un giorno difficilmente riuscirete a eguagliare questa cifra, a meno che non abbiate appunto un passeggino. Tutti quelli che ho sentito hanno visto 7-8 padiglioni ma in due giorni: quindi è meglio che puntiate già su alcune – poche! – nazioni precise seguendo qualche consiglio letto online e per il resto vi facciate trascinare dall’ispirazione.

• Allo stand della Lindt danno gli assaggini.

• Dalla stazione di Rho, appena fuori dall’Expo, partono sia la Freccia Rossa che la Freccia Bianca e vi permettono di tornare a casa abbastanza agilmente (ritardi a parte: noi ne abbiamo trovato uno di mezz’ora).

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